venerdì 25 maggio 2007

L'Italia in un futuro non troppo lontano








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"La terra iè sicca. Il traffico, tentacolare"

Un caldo asfissiante denso di umidità ci tormentava da giorni ormai e il cielo sgombro da nuvole lasciava presagire il perdurare di tale situazione. Continuavo a camminare grondando sudore. Mi fermavo ogni tanto per bere la mia 1/2 naturale, ormai 1/10 di naturale. In lontananza il calore rilasciato dall'asfalto, deformava il paesaggio rendendolo simile ad un miraggio. L'aria era irrespirabile per il caldo e i gas di scarico delle auto, disordinatamente in fila al semaforo. Automobilisti strombazzanti e impazienti affollano la strada creando un traffico smisurato e sproporzionato alle effettive risorse della città. Incollati alla pelle i vestiti costituiscono una nuova epidermide. Pieni di polvere e smog, i capelli, simili a stoppa ormai, incorniciano un viso trasfigurato. Espressioni di sofferenza e smorfie di insofferenza segnano i lineamenti. Tra un'oasi e l'altra di ombra creata da scarni alberi o da una pensillina, avanzo in questo deserto affollato. Lo scirocco ferisce le braccia e il viso. I piedi sempre più gonfi, fasciati dalle cinghie di cuoio dei sandali, sostengono un'andatura sempre più stentata. La gola arsa dalla salivazione azzerata chiede refrigerio. Al primo bar mi fermo. Aria condizionata sparata a 1000. "Un'aranciata per favore" . La trangugio in un secondo, pago ed esco ad affrontare nuovamente il clima torrido. Le gambe percorrono in automatico il solito percorso quotidiano. Senza quasi rendermene conto, avanzo metro dopo metro e i due chilometri che separano l'ufficio da casa, scorrono e diventano in breve due metri. Due metri dalla meta: il portone di casa, due metri dallo strameritato refrigerio del clima domestico, opportunamente condizionato. Ascensore occupato (tanto per cambiare). Va beh due piani non sono poi tanti. L'utimo sforzo. Ecco inserisco la chiave nella toppa giro, finalmente a casa! Mi accascio sul divano do una carezza stentata al cane, accendo la TV e con mesta tristezza penso che tra sole due ore dovrò ripercorrere la stessa strada a ritroso. Sotto il sole, dovrò tornare al mio posto, legata alla catena, in ufficio a far danzare veloci le dita sulla tastiera del computer per inserire dati contabili ormai senza senso per me. Ma mancano ancora due ore! Mi godo la mia pausa, non penso a nulla, mi abbandono, mi addormento non ho neanche fame.